Vi parlerò di un bambino che a sei anni ha perso il padre in un incidente lavorativo. È rimasto a carico di sua madre che ha fatto fatica a soppravivere facendo tutta sorte di lavori. La nonna paterna abita a ottocento chilometri di distanza e le zie paterne non vogliono saperne niente. E poi la madre si sposa un’altra volta e nasce una sorellina. Tutto sembra andare per il meglio quando, senza che nessuno l’abbia invitato, arriva una crisi mondiale. Il patrigno resta senza lavoro e la madre non riesce a trovar niente da fare. Lui è arrivato all’adolescenza, non si sente motivato dallo studio, organizza qualche casino al liceo però non è un cattivo ragazzo. Passano i mesi e la situazione famigliare diventa ogni volta più difficile da sopportare. Presa per la disperazione, la madre si suicida. Questa volta se ne occupa la sorella della madre che ha la sua propria famiglia che si vede costretta ad accettare un ragazzo adolescente all’improvviso. Al liceo diventa insopportabile, interrompe costantemente le lezioni, si riffiuta di ascoltare nessuno inclusa la psicologa... e tutto è una palla di neve che diventa valanga.
Vorrei poter dirvi che è il brutto argomento di un brutto romanzo, però purtroppo si tratta di un alunno del Liceo dove lavoro. Però le cose non si fermano qui. Mi viene a trovare il preside e mi chiede di portare io il suo caso. Non so come si fanno queste cose in Italia, però qui quando un alunno accumula troppe ammonizioni si inizia un processo per cacciarlo via dalla scuola e mandarlo a casa per qualche giorno. E questa volta tocca a me. E io mi chiedo cosa siamo diventati: burocrati senza sentimenti? una macchina di amministrare “giustizia”? Lo so che gli altri studenti hanno diritto all’educazione, però lui, lui non avrebbe avuto il diritto a una famiglia, a una fanciullezza felice, a una adolescenza normale? Perché non siamo capaci di vedere che quello di cui ha bisogno è dell’abbraccio di sua madre, delle coccole che farebbe finta di rifiutare, dei rimproveri quando fosse necessario? E invece lo trattamo come un bastardino tirato fuori da un canile. Ho espresso il mio disagio, però non c’è stato verso di evitarlo e, dopo aver parlato cn lui e con la zia (tutto si fa democraticamente) ho dovuto mandarlo fuori.
È stata un’esperienza che mi ha fatto sentir male. Al ritorno a casa, di fronte alla farmacia mi sono fermata: penso che no avrebbero saputo cosa darmi per guarire l’anima.
cara Teresa, mi vengono i brividi! che situazione difficile, che vite difficili, sfortunate.
RispondiEliminaPenso che tutti avrebbero diritto ad una famiglia e all'amore che ne deriva e invece ci sono queste situazioni!!!
Povero ragazzo, vittima della sfortuna e di alcuni parenti che gli hanno chiuso la porta in faccia.
Cosa pensano di risolvere mandandolo via? lui ha bisogno di comprensione e aiuto...capisco il tuo stato d'animo, sono con te!
un abbraccio
a volte mi cheido dove sia finito il "buon senso"!
RispondiEliminasperiamo che questo ragazzo riesca a trovare qualcuno che sappia accoglierlo ed ascoltarlo.
Deve essere stato molto difficile per te. Io vivevo in un quartiere molto problematico e con storie simili ci sono cresciuta. Ho una percentuale di amici che non ci sono più molto elevata. Ti dico che l'anima non guarisce. Rimangono cicatrici profonde che spesso tornano a fare male. Un bacione grande.
RispondiEliminaciao cara Teresa!
RispondiEliminapenso anch'io come pensi tu, che molte volte la scuola è troppo meccanica e dura con casi che hanno bosogno di essere compresi soprattutto dal punto di vista umano, posso immaginare come sarà stato difficile per te!
Un abbraccio!
La scuola, a volte, è chiusa all'interno di meccanismi che hanno dimostrato la loro limitatezza da decenni a questa parte. I metodi educativi sono da rivedere, così come la comprensione dell'alunno e l'aiuto formativo che gli va dato.
RispondiEliminaCavolo!Posso solo lontanamente immaginare il tuo stato d'animo ... non so proprio cosa dire...:(
RispondiEliminaCredo che si possa solo condividere il tuo dolore. Io mi sento al tuo fianco, provo anch'io la tua rabbia e il tuo dolore, quel ragazzo ora lo conosco e lo terrò dentro di me. E a nome suo cercherò di essere ancora più vicino e aiutare di più il prossimo ragazzo con una storia così terribile che incrocierà la mia vita.
RispondiElimina@Tutti: grazie delle vostre parole. Avevo bisogno di sfogarmi. L'impotenza rimane, però oggi l'ho incrociato in corridoio e mi ha detto "ciao" sorridendo. Credo che lui abbia capito come mi sono sentita e che può contare su di me. Sempre c'è una piccola luce di speranza. Un abbraccio.
RispondiEliminaMa non si può fare proprio niente per aiutarlo?
RispondiEliminaè una storia tristissima. Come mi dispiace
E invece no, mogliemammadonna. Anche a me dispiace tantissimo... Speriamo che l'amore della zia sia il balsamo di cui ha bisogno. Un abbraccio.
RispondiEliminanel mio blog c'è un premio per te Teresa, lo so che l'hai già ricevuto, ma ho voluto premiare il tuo blog a cui mi sento molto vicina!
RispondiEliminaBacioni! Cristina.
http://creativando-creativando.blogspot.com/2012/01/versatile-blogger.html
RispondiEliminapremio per te
Grazie, care Cristina e Crativando, di cuore.
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